Il Fruttosio non fa miracoli

Volendo sfatare qualche altro mito, stavolta ho deciso di prendermela con il favoloso e mirabolante fruttosio, e voglio –al pari di Copernico o Galileo- cambiare la vostra visione della vita spiegandovi perché il nostro amato zucchero della frutta di miracoli non ne fa.
Ormai osannato come qualcosa di dietetico in quanto naturale, il fruttosio è pur sempre zucchero come il glucosio e ANZI, facendo un viaggio metabolico leggermente diverso, crea pure un po’ più casino in giro rispetto allo zucchero normale.
Per chi mastica poco (e rigurgita) chimica, inizio con la carta d’identità e con qualche informazione utile alla comprensione di cosa ci sia in lui di così diabolico.
Il fruttosio (chiamato da amici intimi anche “levulosio”) è un monosaccaride, ovvero uno zucchero semplice, che si trova nella maggior parte dei frutti zuccherini (da cui il nome), nel miele e in alcuni vegetali.
Il fruttosio, che può essere ingerito come tale da dolcificanti o alimenti o ricavato dal saccarosio (che è glucosio+fruttosio) viene assorbito più lentamente del glucosio dal tratto gastrointestinale, viene però metabolizzato velocemente dal fegato che lo trasforma in glucosio. Il glucosio può quindi venire depositato come scorta nel fegato oppure venire trasformato in trigliceridi (cioè grassi!). Il fruttosio, contrariamente al glucosio, ha un basso “indice glicemico” (che è una misura della velocità con cui alza la glicemia) ed ha di conseguenza un effetto modesto sulla secrezione di insulina, di cui non ha bisogno per entrare nelle cellule. Per questi motivi viene a volte consigliato nella diete di alcuni diabetici in sostituzione del saccarosio. Però, PERÒ, se da una parte preserva da picchi glicemici, dall’altra se preso in dosi esagerate fa un bel casino con il metabolismo epatico e -pur essendo uno zucchero- viene metabolizzato come un grasso e si associa ad un aumento della trigliceridemia (sì, quel valore che vi fa sudare freddo dalle analisi del sangue e che vi fa sgridare dal medico, cui pensavate di essere più furbi, gnegne). Sempre rimanendo in tema analisi, il fruttosio è sette volte più bravo del glucosio ad appiccicarsi alle proteine del sangue generando i famigerati “prodotti di glicazione avanzata AGE”, che non è che facciano proprio bene ai tessuti eh.
Non mi sembra quindi una grande genialata. 
Ma visto che quando Dio distribuiva l’intelligenza molti erano in fila per le tette, sempre più spesso anche persone non diabetiche hanno iniziato ad utilizzare fruttosio convinte che faccia dimagrire, pensando quindi di essere molto, moooolto furbe. E qui il secondo motivo per cui non lo sono affatto: un grammo di  fruttosio contiene praticamente le stesse calorie di un grammo di saccarosio o glucosio: cioè circa 4 Kcal per grammo. Punto a favore però se lo prende il fruttosio perché è, tra gli zuccheri in natura, quello più dolce: tra il 20% e il 50% più dolce del saccarosio. Quindi per ottenere la stessa dolcezza è possibile usare meno fruttosio, e quindi ingerire meno calorie. E questo potrebbe sembrare intelligente. Il problema è che il nostro fruttosio non può, tuttavia, sostituire completamente il saccarosio in cucina, per esempio nelle torte perché lo zucchero ha spesso anche una funzione strutturale, aiutando a formare e mantenere la giusta consistenza della nostra prelibatezza. In più il fruttosio si scioglie molto più volentieri nell’acqua del saccarosio, e la sua sostituzione porterebbe a dei prodotti più umidi, facendovi inventare nuovi “brodi di torta”. Si utilizza quindi per lo più come dolcificante di bevande come il tè o il caffè. Anche in questo caso però non è così semplice: il fruttosio, sciolto in acqua, assume tre strutture molecolari diverse in equilibrio tra loro, e solo una di queste è dolce. Con l’aumentare della temperatura la proporzione di molecole “dolci” diminuisce, mentre tutto questo non accade per il saccarosio, che sa il fatto suo. Questo significa che a 40 °C fruttosio e saccarosio hanno più o meno la stessa dolcezza, mentre a 60 °C il fruttosio risulta meno dolce del saccarosio. Palla al centro.
Scendendo ora un pochino nel dettaglio della fisiologia della nutrizione (espressione che mi sembra un sacco colta e molto seria e di conseguenza soggetta ad un mio abuso) e per darvi un altro motivo per odiarlo, il fruttosio non sopprime la grelina che è un ormone gastrico che stimola l’appetito; a differenza del glucosio che inoltre provoca una significativa diminuzione dell’attività di alcune aree dell’ipotalamo che nel cervello regolano l’appetito, la motivazione e la ricompensa, quindi solo il glucosio attiva le connessioni legate al senso di sazietà. Questo è il risultato di uno studio (sicuramente più utile di chi provò i cucchiaini nella bottiglia di spumante) che come conseguenza vede il fruttosio addirittura come promotore dell’assunzione di più cibo, perché il corpo non si sente sazio in mancanza dei segnali neurobiologici giusti. Questo studio è poi ancora più catastrofico di me, tant’è che colpevolizza il fruttosio (in esposizione cronica ad alte dosi) come responsabile di insorgenza di sindrome metabolica, ipertensione (per inibizione dell’ossido nitrico), infarto miocardico, dislipidemia, pancreatite (secondaria ad ipertrigliceridemia), obesità, disfunzione epatica (steatosi), insulinoresistenza, iperuricemia, gotta (aumentata sintesi di acido urico), assuefazione, se non vera e propria dipendenza.
Questo chiaramente per chi si alimenta di pane e fruttosio, quindi non voglio allarmarvi sull’Armageddon del fruttosio, quanto tuttavia sfatare il mito che si tratti di uno zucchero naturale dietetico e miracoloso, senza vietarlo (essendo presente in alimenti essenziali alla salute come la frutta e alcune verdure) ma auspicandone un utilizzo più saggio, senza farci ingannare troppo.

 

fruttosio

Bibliografia

La mia mente coltissima e geniale. Giulia Vincenzo (2013)
Esame di biochimica. Università degli studi di Roma “La Sapienza” (2010)

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